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Daniele Najjar

Oscar Cano: "Scambiare opinioni ti aiuta a ampliare la mente e a non diventare una persona ideologica. È importante saper ascoltare gli altri”


Il primo ospite di Coaches!World 24, l’evento annuale di formazione allenatori che si terrà allo stadio Dall’Ara di Bologna il prossimo 2 giugno, sarà il tecnico spagnolo Oscar Cano.
Credit: cdcastellon.com

Il primo ospite di Coaches!World 24, l’evento annuale di formazione allenatori che si terrà allo stadio Dall’Ara di Bologna il prossimo 2 giugno, sarà il tecnico spagnolo Oscar Cano.


Attualmente Cano lavora al Sabadell, club dalla grande tradizione - considerato da molti il terzo per importanza della Catalogna dopo Barcellona ed Espanyol, grazie ai suoi 116 anni di storia - che milita in Primera Federacion (la terza serie iberica).


Deportivo de La Coruña, Granada, Salamanca, Real Betis e Badajoz sono alcune delle squadre più prestigiose per le quali è transitato, con il Castellón poi ha ottenuto una storica promozione in Segunda Division nel 2019/20.


Negli anni ha tenuto corsi in accademie importanti, come a La Masia e per Benfica e Sporting CP, inoltre è stato affiancato da Xavi (che allora giocava nell’Al Sadd), su espressa richiesta dell’ex blaugrana, quando lavorava per la formazione Under 19 del Qatar.


In vista dell’incontro che avrà con coloro che si iscriveranno al corso, Cano ci ha rilasciato una intervista per raccontarci parte del suo percorso, della sua idea di gioco e di ciò che si aspetta da questa speciale giornata.


Ha partecipato a molti convegni e corsi in giro per il mondo, dall’Europa al Sudamerica, ed il 2 giugno sarà a quello di Coaches!World 24 a Bologna. Di cosa le piace maggiormente conversare con gli allenatori che incontra, professionisti o aspiranti tali che siano?


“Mi piace parlare più dei giocatori che del gioco.


Sono cresciuto ammirando i giocatori e non mi piace parlare troppo di tattica.


Scambiare opinioni con altre persone legate al calcio è sempre interessante.


Ti aiuta ad ampliare la tua mente ed a non diventare una persona ideologica, a comprendere gli altri. È importante saper ascoltare gli altri”.


Come si trova a Sabadell? 


“Mi trovo molto bene qui. Parliamo di un club storico con una società che mi permette di lavorare senza mettere in discussione le cose, né la fiducia che ha riposto in me”. 


Riesce dunque a fare quello che ha in mente nella sua idea di gioco?


“Io credo che un allenatore possa soprattutto avere in mente quali sono i suoi giocatori per quel preciso momento. Le caratteristiche dei giocatori sono ciò che costituiscono realmente l'identità del gioco. Il tecnico deve concentrarsi su questo e non sulla sua ideologia particolare”.


Ma qual è l’importanza di chi siede in panchina? Quanto sente di poter incidere in una partita?


“L'influenza dell'allenatore è legata alla percezione che riesce ad avere circa le capacità di interazione fra i suoi giocatori. Da lì, devi proporre contesti in cui essi possano esprimersi in modo efficiente”.


Al Castellon ha ottenuto una storica promozione: ci racconta quale strada seguì per arrivare a quel risultato?


“C'era un progetto vero che abbiamo avviato insieme ed una proprietà che ha creduto molto in noi. Siamo riusciti a costruire la squadra a modo nostro, scegliendo i giocatori giusti per esprimere il calcio a cui aspiravamo. È stato un palcoscenico meraviglioso”.


Ci racconta di quando Xavi chiese di poterla affiancare in Qatar nei suoi allenamenti? Quali idee vi siete scambiati?


“Xavi è una persona molto appassionata e irrequieta, diciamo così. Quando giocava in Qatar chiese di incontrarmi e venne ad allenarsi con noi tutti i giorni.


I colloqui tra noi sono stati molto interessanti.


Percepiva il calcio esattamente come quando era in mezzo al campo: mostrava grande interesse ed attrazione nel capire come far giocare la squadra in modo simile a come faceva lui nei suoi club, da calciatore”.


Che ne pensa dell’evoluzione tattica che sta vivendo il calcio italiano negli ultimi 5-6 anni? Oggi le nostre squadre non si possono inquadrare in un unico stereotipo di difesa e contropiede, in tanti seguono la via di chi cerca nuove soluzioni, Gasperini all’Atalanta è uno dei precursori in tal senso.


“Mi sembra una cosa intelligente espandere la conoscenza in qualsiasi paese. L’Italia ha una grande capacità di generare contesti competitivi.


Non si tratta di eliminare quelle caratteristiche difensive, ma piuttosto di ampliare la mente per essere più completi. Il calcio di oggi richiede squadre che usino bene la palla”.


Fra i tecnici emergenti, Thiago Motta al Bologna sta facendo grandi cose. Ha avuto modo di osservarlo?


“Sinceramente non conosco bene il lavoro di Motta, ma chi ha avuto modo di analizzarlo mi dice che è un allenatore che cerca di essere protagonista attraverso un buon utilizzo della palla.


È positivo che emergano tecnici che sappiano riconoscere il talento tra i propri giocatori e che lascino che quel talento si esprima con naturalezza”.


Lei il mondo del Barcellona lo conosce bene: come vedrebbe Thiago Motta in blaugrana, in futuro?


“Non mi spingo a dire la mia su qualcuno che non conosco personalmente, ma se parlano di lui come di uno futuribile per il Barça è perché il suo lavoro in Italia viene apprezzato”.


Ha partecipato a molti convegni e corsi in giro per il mondo, dall’Europa al Sudamerica, ed il 2 giugno sarà a quello di Coaches!World 24 a Bologna. Di cosa le piace maggiormente conversare con gli allenatori che incontra, professionisti o aspiranti tali che siano?


“Mi piace parlare più dei giocatori che del gioco.


Sono cresciuto ammirando i giocatori e non mi piace parlare troppo di tattica.


Scambiare opinioni con altre persone legate al calcio è sempre interessante.


Ti aiuta ad ampliare la tua mente ed a non diventare una persona ideologica, a comprendere gli altri. È importante saper ascoltare gli altri”.

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