Nel panorama calcistico italiano, una sola squadra è riuscita nell’impresa di conquistare il Triplete, cioè essere in grado, in un’unica stagione, di vincere campionato nazionale, coppa nazionale e Champions League.
Il 4-2-3-1 con il quale l’Inter versione 2009/10 conquista l’Europa però non è il sistema di gioco con il quale l’allenatore Josè Mourinho inizia la stagione; il nuovo acquisto Sneijder, arrivato dal Real Madrid dopo il deludente esordio casalingo di campionato terminato 1-1 contro il Bari, sarebbe dovuto essere il collante tanto desiderato del 4-3-1-2 che aveva contraddistinto l’era del tecnico portoghese a Milano fino a quel momento.
La stagione assume un gusto diverso quando a sorpresa, prima di Chelsea-Inter, ritorno degli ottavi di finale di Champions League, il portoghese decide che avrebbe plasmato il suo undici con un sistema di gioco più offensivo: un 4-2-3-1 caratterizzato dall’inserimento in contemporanea di tutti gli asset offensivi a disposizione: i nuovi acquisti Sneijder sulla linea di trequarti e Pandev, quest’ultimo arrivato dalla Lazio durante il mercato invernale, sulla corsia mancina, il centravanti Eto’o, uomo simbolo di quella stagione largo a destra dietro “all’unica” punta Diego Milito, l’eroe il 5 maggio di Roma, poi del pomeriggio di Siena e infine della serata più attesa, quella di Madrid, l’appuntamento più importante della storia nerazzurra.
Sistema di gioco base (1-4-2-3-1)
4-2-3-1 caratterizzato dall’utilizzo di due punte lungo le corsie laterali d’attacco alle quali è affidato anche il compito di una diligente fase di non possesso.
Due terzini di spinta e una linea mediana capace di intervallare momenti di incursione ad intuizioni difensive sopraffine.
Il trequartista ha il principale compito di raccordare tra centrocampo e attacco, facendo da collante tra i due reparti.
Sistema di gioco in fase di possesso (1-4-2-1-3)
Sistema di gioco infase di non possesso (1-4-4-1/1)
Sistema di gioco in fase di prima pressione (1-4-4-2)
Sistema di gioco, nel secondo tempo, dopo i cambi (1-4-2-3-1)
La fase offensiva
Costruzione
Sviluppo
Finalizzazione
La costruzione: verticalità a discapito del palleggio
La fase di costruzione denota tutta la praticità e l’immediatezza del gioco di Mourinho.
La prima alternativa, e più frequente, è il gioco diretto a ricercare uno dei 3 riferimenti offensivi sia quando a costruire è il portiere, sia quando i protagonisti sono i due difensori centrali.
La seconda alternativa è una costruzione 3+1 nella quale il giropalla tra i due difensori centrali viene finalizzato con una palla sul terzino, che sfrutta il movimento del mediano che finge di venire incontro per ricevere il pallone ma quest’ultimo, per mezzo di un lungo linea profondo viene recapitato sui piedi della punta esterna, la quale si smarca preventivamente dal suo marcatore che viene portato così fuori area.
Lo sviluppo: insieme alla ricerca della profondità
Quando l’azione viene costruita tramite un gioco di passaggi e finalmente trovato il play, i due esterni offensivi, quello lontano dalla palla in ampiezza e l’altro che ha appena scaricato dopo la costruzione, ricercano profondità.
Il terzino del lato palla scatta in avanti prendendo lo spazio lasciato dal terzino avversario che scappa insieme alla sua linea difensiva.
Chiave il posizionamento di Sneijder, il trequartista olandese che agisce sempre in una zona franca tra difesa e centrocampo con l’obbiettivo di ricevere in zona avanzata e poter colpire sia verso la porta grazie alle sue grandi doti balistiche oppure innescare il taglio della punta (come in occasione del primo goal in finale contro il Bayern Monaco).
La finalizzazione: smarcamento, tagli e tiro in porta
Nel titolo sono riassunti i 3 pilastri fondamentali del gioco in zona di rifinitura e finalizzazione dell’Inter versione 2009-10:
Lo smarcamento: Milito, Eto’o e soprattutto Sneijder in zona di rifinitura sono maestri nello smarcamento preventivo e nel ricevere il pallone con metri di spazio per colpire.
I tagli davanti al difensore con cui Milito ha bruciato numerose difese lungo la stagione nerazzurra. Tutti i suoi goal più importanti arrivano successivamente ad un taglio: quello centrale di Siena, quello verso l’esterno della finale di Coppa Italia a Roma e il primo goal in finale a Madrid. Risultato: 1-0 per l’Inter e conseguente trofeo in cassaforte.
Terzo fondamentale nell’assetto offensivo nerazzurro è il tiro da fuori dei centrocampisti sempre abili ad accompagnare l’azione. Durante la stagione ricordiamo specialisti come Stankovic, lo stesso Sneijder, Thiago Motta e Cambiasso capaci di trafiggere il portiere avversario con conclusioni da lontano.
La fase difensiva
Prima e seconda linea di pressione
La linea difensiva
La prima linea di pressione: Milito e Sneijder in avanscoperta
La prima linea di pressione è la perfetta combinazione tra un lavoro posizionale di reparto, con due linee a 4 serrate di difesa e centrocampo, e un lavoro di pressione che mira alla fluidità della prima manovra avversaria
L’utilizzo di due giocatori che agiscono sulla cabina di regia avversaria permette inoltre di direzionare la prima pressione verso il lato con superiorità numerica difensiva.
La seconda linea di pressione: posizionamento e timing
Le due linee permettono di avere una superiorità difensiva laterale sia a destra che a sinistra.
Il raddoppio quindi sui giocatori esterni, l’aggressione con il giusto timing sul play avversario Xavi e il lavoro individuale dei due difensori centrali sull’attaccante Ibrahimovic rende impossibile trovare sbocchi offensivi pericolosi per la squadra avversaria.
Non portando pressione aggressiva fino alla propria metà del campo, l’obbiettivo dell’Inter è quello di sterilizzare il possesso palla in fase di sviluppo avversario.
La linea difensiva: il manifesto della linea a 4
Una linea a 4 uomini ben compatta, con una sola linea di copertura sviluppata lungo una diagonale larga, permette all’Inter di non soffrire mai sui cross dal fondo.
I 6 uomini in area anche su azioni che si sviluppano centralmente, creano una densità tale che trovare uno spiraglio utile, anche con l’inserimento dei centrocampisti da dietro, diventa difficoltoso per gli avversari.
Questo assetto composto da 4+2 uomini risulta la chiave con la quale chiudere la saracinesca difensiva.
Le transizioni
La transizione offensiva (positiva)
La transizione difensiva (negativa)
La transizione offensiva: l’attacco alla linea
L’obbiettivo primario è la ricerca immediata della verticalità e dell’attacco alla linea ogni volta che la palla viene riconquistata nella zona centrale del campo.
Una transizione positiva diretta che impedisce alla linea difensiva di ricomporsi velocemente
Grazie al lavoro di smarcamento preventivo degli attaccanti, i centrocampisti e difensori hanno sempre un riferimento offensivo su cui puntare.
La transizione difensiva: parola d’ordine ricomporsi
Non essendo dotata di grandi corridori e giocando con una linea difensiva molto bassa, l’obbiettivo dell’Inter sulla riconquista è quello di ricomporsi immediatamente una volta persa palla. Una timida riaggressione al portatore di palla è fatta solo dall’attaccante centrale quando la palla è in zona difensiva avversaria.
Ricomporre con velocità il 4-4-1/1 in fase di non possesso risulta una prerogativa per non dar spazio alla squadra avversaria di comporre trame intricate e permette inoltre la superiorità numerica difensiva.
L’aspetto tattico vincente
A livello difensivo: occupare il tuo spazio
Difensivamente oltre alla compattezza delle due linee a quattro, l’aspetto vincente che ha contraddistinto la prestazione dei nerazzurri è la marcatura asfissiante a tutto campo da parte di uno dei due centrali su Ibrahimovic, riferimento offensivo centrale del Barcellona.
L’attenzione sulle giocate dei due play avversari e il raddoppio su Messi su ogni frangente hanno permesso all’Inter di sporcare le fitte reti di passaggi Blaugrana.
A livello offensivo: l’esca che genera spazio
Per quanto riguarda la fase offensiva, la bravura dei giocatori dell’Inter è stata alternare l’attacco alla profondità a combinazioni veloci di passaggi dentro l’area che avevano il compito, grazie alla grande intesa di squadra, di attirare i difensori verso un obbiettivo, creando metri di campo liberi ad un altro giocatore disposto lontano dall’esca oppure quello stesso spazio veniva occupato mediante un repentino inserimento dei centrocampisti, come spesso accaduto in stagione con i goal di Stankovic, Motta e Cambiasso oppure dal terzino Maicon, sempre bravo a spingersi in avanti come nell’occasione del goal del 2-1.
Il parere dell’analista
Marcature individuali e personalizzate, attacco alla profondità, grande sacrificio da parte degli esterni offensivi, un ottimo portiere coadiuvato da una difesa granitica... componenti tecniche e caratteriali proprie di una squadra consapevole e matura, arrivata al canto del cigno pronta a giocarsi tutto.
Da un’analisi come questa, puramente quantitativa ed analitica, del match che riassume al meglio la forza di quella grande squadra (l’andata della semifinale di Champions League contro il Barcellona) non è possibile evincere quello che è stato il vero motore che ha permesso a molti calciatori, che da lì a poco avrebbero terminato la loro carriera, di salire sull’ultimo treno per la storia del calcio.
Non la squadra più tecnica, non la squadra più fisica e tantomeno la più veloce.
Era una squadra speciale, come Special era il suo condottiero, capace di riassumere ciò che l’Inter versione 2009/2010 era: “non sono il migliore del mondo, ma penso che nessuno sia meglio di me”.